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CRHIMA - CINP project

Cultural Rupestrian Heritage in the Circum Mediterranean Area

Common Identity - New perspective

Universitas Florentina

RAP-harume

Representation

Knowledge, Conservation and Improvement of HAbitat RUpestrian MEditerranean

 
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Migration (Italian text)

Le ondate di migrazioni dei popoli germanici, note nella storiografia occidentale come invasione barbariche, sono una caratteristica dell'alto medioevo, a partire dall'ultimo secolo dell'Impero Romano. Nel 401 scesero i Visigoti il cui condottiero era Alarico. Attila, il flagello di Dio, invase l'Italia a capo degli Unni, un popolo di stirpe turco-mongola, probabilmente originario della Siberia, partendo dall'Illiria per poi penetrare nelle Gallia ed essere infine fermato nel 451 dal generale romano Ezio prima ai campi catalaunici e definitivamente nel 452, sul Mincio, dal Papa Leone I°. Con la morte di Attila, avvenuta nel 453, gli Unni si ritirarono fino ad insediarsi nell'odierna Bulgaria, Macedonia ed alto Volga. L'estate del 476 vide la fine dell'impero romano: il barbaro Odoacre, Re degli Eruli, capo di gruppi eterogenei già  da tempo infiltratisi entro i confini dell'Impero romano, depose il fanciullo imperatore Romolo Augustolo e si mise a capo dell'amministrazione romana in Italia governando dal 476 al 493. Odoacre fece sua la Sicilia, ottenendola dai Visigoti e, penetrato in Dalmazia ed alta Illiria, le conquistò. Un altro gruppo, gli Ostrogoti,  guidati da Teodorico, con una marcia approvatata dall'imperatore di Oriente, Zenone, si mosse dalla odierna Serbia, in una nuova ondata d'invasione, penetrò in Italia da est nel 488 , attraversò la pianura padana e sconfisse le truppe di Odoacre prima sull'Isonzo, poi a Verona. Odoacre, sconfitto in battaglie aperte, tradito dai suoi generali, respinto dai Romani, si rifugiò a Ravenna, tentando di ricostruire un esercito e di approntare una difesa. Dopo una nuova sconfitta sull'Adda nell'agosto del 490 si asserragliò in Ravenna, dove, dopo due anni e mezzo di resistenza, dovette cedere per fame. Fu ucciso a tradimento; ed una strage di tutti i suoi fedelissimi assicurò a Teodorico il definitivo possesso dell'Italia.

Altre migrazioni furono invece pacifiche. Come si sa per favorire l’insediamento degli albanesi nel Regno di Napoli, in considerazione della povertà del paese balcanico invaso dai Turchi, i re aragonesi concessero agli immigrati alcuni privilegi, come il dimezzamento dei tributi, per un periodo di tempo abbastanza lungo, probabilmente cinquant’anni. Con le immigrazioni albanesi si assiste nel Meridione in genere, in Calabria e in Puglia in particolare, ad una fase di espansione demografica, accentuata alla fine del 1400, ma che continua per tutta la prima metà del 1500. E' il periodo in cui l'economia del Mezzogiorno e degli stati europei è in forte ripresa. In questa società in grande crescita economica, ma priva di braccia di lavoro sufficienti a sostenerla, si colloca la concessione da parte dei sovrani napoletani condizioni favorevoli a queste popolazioni venute dall'altra sponda dell'Adriatico che si erano ormai stabilizzate nel Regno. E dove gli insediamenti risultarono più stabili conservarono la lingua e le tradizioni originarie.

Ma eventi tragici conseguenti alle migrazioni non sono solamente del nostro tempo. La storia dell'occidente è caratterizzata da flussi migratori di intere popolazioni, che si muovevano da una regione ad un' altra, anche molto lontana, non solo a causa delle guerre e delle distruzioni conseguenti.

Erodoto, il grande storico greco nato intorno al 484 a. C. e morto intorno al 425 a. C., nelle Storie narra di diverse migrazioni di popoli sia per motivi derivanti dalla guerra sia per gravi calamità naturali. Qualche esempio. Nel libro I, 15 egli così scrive: "i Cimmeri [popolazione indoeuropea delle steppe asiatiche] cacciati dalle loro sedi dai nomadi Sciti [popolazione che abitava il territorio nell'attuale Siberia meridionale], giunsero nell'Asia Minore e occuparono tutta Sardi [città dell'Asia Minore], eccetto l'acropoli".

L’area che dal 2000 al 600 a.C. ha subito il passaggio dei popoli indoeuropei migranti è quella centrale della mezzaluna fertile. Questo periodo è stato teatro delle due migrazioni indoeuropee. La prima, nel 2000 a.C., ha visto la discesa di popoli come Persiani, Achei (i futuri Greci), Celti, Slavi e Ittiti. Proprio quest’ultimi, dalle steppe dell’Asia centrale, discesero in Anatolia sconfiggendole popolazioni preesistenti nel luogo e ponendosi come popolo guerriero dominante. Diedero un importante contributo alla storia con l’arte del ferro e quella di cavalcare. Nel 1200 a.C. ebbe luogo una seconda migrazione indoeuropea con la quale i popoli indoeuropei dei Dori, dei Peleshet e altri si insediarono nell’attuale Asia mediterranea eliminando gli Ittiti dalla storia e causando così l’emigrazione dei fabbri ittiti che divulgarono i segreti del ferro, dando inizio appunto all’Età del ferro.

Una fra le più famose migrazioni citate anche dalla Bibbia è quella del popolo ebraico, durata per ben seicento anni, dal 1800 a.C. al 1200 a.C. Nel 1800 a.c. il patriarca Abramo partì da Ur, in Mesopotamia, con la sua stirpe e giunse in Palestina, proseguendo per l’Egitto, dove gli Ebrei rimasero prigionieri per 600 anni. Nel 1200 a.C. Mosé, successore di Abramo, si rivoltò e fuggì con il suo popolo attraverso il Mar Rosso tornando in Palestina, la terra promessa.

Riteniamo che si debba distinguere il concetto di “immigrazione” da quello di “migrazione”. Unberto Eco ha recentemente operato un distinguo preciso. Si ha “immigrazione” quando alcuni individui (anche molti, ma in misura statisticamente irrilevante rispetto al ceppo di origine) si trasferiscono da un paese all’altro (come gli italiani o gli irlandesi in America, o i turchi oggi in Germania). I fenomeni di immigrazione possono essere controllati politicamente, limitati, incoraggiati, programmati o accettati. Non accade così con le migrazioni. Violente o pacifiche che siano, sono come i fenomeni naturali: avvengono e nessuno le può controllare. Si ha “migrazione” quando un intero popolo, a poco a poco, si sposta da un territorio all’altro (e non è rilevante quanti rimangano nel territorio originali, ma in che misura i migranti cambino radicalmente la cultura del territorio in cui hanno migrato). Ci sono state grandi migrazioni da est a ovest, nel corso delle quali i popoli del Caucaso hanno mutato cultura ed eredità biologica dei nativi. Ci sono state le migrazioni di popoli cosiddetti “barbarici” che hanno invaso l’impero romano e hanno creato nuovi regni e nuove culture dette appunto “romano-barbariche” o “romano-germaniche”. C’è stata la migrazione europea verso il continente americano, da un lato dalle coste dell’Est via via sino alla California, dall’altro dalle isole caraibiche e dal Messico sino all’estremo del Cono Sud. Anche se è stata in parte politicamente programmata, si parla di migrazione perché non è che i bianchi provenienti dall’Europa abbiano assunto i costumi e la cultura dei nativi, ma hanno fondato una nuova civiltà a cui persino i nativi (quelli sopravvissuti) si sono adattati. Ci sono state migrazioni interrotte, come quella dei popoli di origine araba sino alla penisola iberica dove furono fermati. Ci sono state forme di migrazione programmata e parziale, ma non per questo meno influente, come quella degli europei da est verso sud (da cui la nascita delle nazioni dette “post-coloniali”), dove i migranti hanno pur tuttavia cambiato la cultura delle popolazioni autoctone. Ci pare che non si sia fatta sinora una fenomenologia dei diversi tipi di migrazione, ma certo le migrazioni sono diverse dalle immigrazioni. Si ha solo “immigrazione” quando gli immigrati (ammessi secondo decisioni politiche) accettano in gran parte i costumi del paese in cui immigrano, e si ha “migrazione” quando i migranti (che nessuno può arrestare ai confini) trasformano radicalmente la cultura del territorio in cui migrano. Di questi flussi migratori ed invasioni si è tenuto conto per la storia delle vicende di popoli e Stati, ora bisognerò tenerne conto per portare definitivamente nella luce della Storia le vicende del popolamento rupestre nelle regioni circum-mediterranee.

I Longobardi in Italia meridionale, ad esempio, diffusero, col prototipo del Sant’Ilario a Porta Aurea di Benevento, un modello di chiesa absidata con aula costituita da due moduli quadrati, modello che troviamo ripetuto in numerose chiese rupestri pugliesi altomedioevali o anche posteriori, come, ad esempio nella chiesa presso masseria Tamburello a Mottola.

La migrazione degli Arabi comunque è quella di maggiore importanza, perché portò in Spagna alla nascita della cultura mozarabica, che si innestò sui resti di quella vandala, ed in Europa alla riscoperta della filosofia e della scienza greca, e vi diffuse l’uso dell’arco oltrepassato, che troviamo, ad esempio, in numerosi monumenti rupestri pugliesi, sia in pianta, nelle absidi, come in alzato. In Cappadocia, poi, ne vediamo gli influssi nella chiesa di San Giovanni Battista a Çavusin, dove la forma dell’abside è a semicerchio oltrepassato e trova confronti in altre chiese rupestri della Cappadocia come Durmus Kadir Kilisesi di Avicilar o Kale Kilisesi di Selime.

La diffusione dell’Islam è legata, alle invasioni “arabe” completate nell’VIII secolo d.C.. La nuova religione si impone velocemente in Africa settentrionale e si adatta agli usi e costumi delle popolazioni già presenti. Così ove c’era l’uso di vivere in abitazioni scavate nella roccia anche i nuovi venuti si adattano a questa abitudine. In Libia, Tunisia ed Algeria, ove è maggiore il numero delle presenze rupestri specie nelle aree interne predominate dalle popolazioni berbere, sono note moschee ipogee delle quali molte legate alla setta degli ibaditi presente sin dall’VIII secolo. Nell’Algeria è noto il sito del M’Zab, divenuto centro spirituale dell’ibadismo del Nord Africa sin dall’XI secolo d.C., con le sue moschee rupestri e semirupestri. Le moschee rispecchiano pienamente il senso dato dagli ibaditi alla religione: la casa di Dio non ha bisogno di ornamenti.
Esempi delle moschee algerine sono: nell’oasi dell’uadi Zouil, dove esiste l’Aren nu Fighar, una splendida grotta, in cui si vuole sia possibile entrare in contatto con il mondo ultraterreno. La grotta moschea di Daya, luogo primigenio della comunità, è molto venerata dalle donne. Al XII secolo risale la moschea Chaaba.
Sempre legate agli ibaditi si conoscono moschee scavate nella roccia nella regione del Gebel Nefusa in Libia e in Tunisia sia nell’altopiano del Dahar sia nell’isola di Djerba. Molte di queste moschee rupestri hanno all’esterno un recinto con mihrab utilizzato quale moschea all’aperto, caratteristica che si riscontra anche nel M’Zab, nell’isola di Djerba e nel Gebel Nefusa.

Le ricerche sulle moschee diventano di estremo interesse per l’areale del Gebel Nefusa libico in quanto in esse si ritrovano iscrizioni riportanti versetti del Corano ma anche indicazioni di coloro che realizzarono o ricostruirono la stessa moschea. Queste indicazioni sono in molti casi gli unici elementi documentari della storia di queste popolazioni permettendo così di poter iniziare ad inquadrare anche le forme architettoniche vernacolari berbere.

Le principali moschee libiche sono Jama Hwariuon, presso Forsatta, Sidi Bu Ragun, presso Kabao, Thnumayat, Tekut, Uazzen, Abu Zaccaria ove è anche la sua tomba.
In Tunisia vi sono le moschee rupestri del Fico e della Palma a Douiret e quella del Ksar di Mourabtine. Nell’isola di Djerba, le moschee di Iamaa Louta, Jama al Baldawi, presso Ajim.
In Libia e Tunisia sono presenti anche moschee non ibadite seguenti le linee architettoniche definite dalle antiche costruzioni di Kairouan e del Cairo.

Legate alla cultura berbera sono le moschee siciliane, scoperte solo da pochi anni, realizzate nel periodo della dominazione “araba”. Le forme architettoniche di Rometta riportano ad un adattamento rupestre dell’antica moschea di Kairouan con la classica pianta a T formata tra la galleria centrale e la parete della qibla, mentre la moschea di Sperlinga richiama le moschee berbere ibadite.

Infine uno sguardo alla Turchia, dove l’Islam si è diffuso con l’invasione selgiuchida nel 1081. Nella Cappadocia sono note le moschee rupestri di Çavusin, di Zelve, di Urgup, sempre segnalate dai piccoli caratteristici minareti selgiuchidi.

Nella regione armena del lago di Van viene segnalata la presenza di una moschea rupestre.
Non va dimenticato, poi, che la cultura araba è iconoclasta, ed il contatto con essa portò l’iconoclasmo nell’Impero bizantino dal 730 all’843, come vediamo nella decorazione aniconica di molte chiese rupestri cappadocesi e di alcune chiese rupestri pugliesi, come quelle di Santa Margherita (prima fase) e San Nicola a Mottola (dipinto in una nicchia esterna).

Roberto Caprara

Architecture

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